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Mamma, aspetta!

6 Giugno 2019

Man mano che i bambini crescono, i genitori si trovano ogni giorno di fronte a nuove esperienze, non sempre facili da affrontare da soli. Per offrire ai genitori la possibilità di avere un confronto su problemi relativi ai propri figli o, più semplicemente, per migliorare la qualità della relazione educativa e affettiva genitori-figli, proponiamo degli incontri psico-educativi di gruppo in cui lasciamo che queste difficoltà emergano e vengano espresse e, assieme, cerchiamo di individuare possibili soluzioni. Oggi condividiamo con voi la testimonianza di un’operatrice che ci offre un interessante spaccato su ciò che accade durante uno di questi incontri; questo in particolare è parte del progetto “Luoghi per nascere“, realizzato grazie al sostegno dell’Otto per mille della Tavola Valdese.

Annamaria, un’insegnante che collabora con Pianoterra in particolare alle attività di lettura precoce, presenta alle mamme l’attività di oggi. Si parte dalla lettura dell’albo “Aspetta” di Antoinette Portis. Il libro riprende alcuni argomenti già trattati: quello del tempo in generale e quello della gestione del tempo nella relazione madre-bambino in particolare. Nel testo le suggestive illustrazioni si alternano a due semplici parole: “Presto!”, pronunciata da una bella mamma sempre di corsa, e “Aspetta”, la risposta del suo curioso bambino.

mamma aspettaIl “viaggio” della coppia madre-bambino nel tentativo di raggiungere il treno per tempo è scandito dal punto di vista della madre, la cui concentrazione passa dall’orologio al cellulare, e dal punto di vista del bimbo, attratto invece dalla bellezza del mondo esterno: un simpatico bassotto, delle ochette al parco che fanno merenda, una bella farfalla nascosta in un cespuglio di fiori colorati. Due punti di vista inconciliabili, “fuori sincrono”, finché, a un passo dal treno accade qualcosa di meraviglioso: il cielo, fino ad allora coperto da nuvoloni carichi di pioggia, si apre per fare spazio a uno splendido arcobaleno. A quel punto mamma e figlio sembrano trovare un accordo sulla gestione del loro tempo. “Sì. Aspetta”, dicono insieme.

Al termine della lettura cala il silenzio tra le mamme. Priya trova il coraggio di far emergere una smorfia di disappunto sul suo viso, a cui segue una risata nervosa. Incoraggiata a parlare, la giovane mamma afferma quanto sia difficile “aspettare”. Il racconto si arricchisce della sua esperienza familiare: tenere conto dei diversi orari e impegni dei figli maggiori e incrociare il tutto con la gestione della piccola Amanda, l’ultima arrivata, senza poter contare su un parente o un’amica a cui eventualmente chiedere aiuto, la rende facilmente irritabile e poco attenta alle esigenze bambini. Spesso fare cose per i figli rende più difficile vederli. 

Un velo di tristezza si stende sul gruppo, che concorda con la puntuale descrizione fatta da Priya. Fioccano i contributi delle altre mamme, ognuna delle quali racconta episodi tratti dalla propria quotidianità. Solo Antonella, la più giovane del gruppo, fa luce su un altro aspetto della lettura: “la bellezza che ti restituisce lo sguardo di un bambino sul mondo!”. I suoi occhi grandi e verdi brillano proprio come quelli di una bambina mentre piano piano prende consapevolezza delle parole appena pronunciate.

Incrociare i due discorsi permette al gruppo di trovare la forza di uscire dall’empasse creatasi poco prima e di iniziare a pensare al tempo come esperienza da condividere con i propri bambini e con altri adulti. L’obiettivo è tentare di dissolvere quel ristagno emotivo e intellettivo che si genera dopo settimane passate da sole con i propri figli e senza possibilità di confronto con altri, una situazione sperimentata da moltissime neo-mamme.

Felicia, che oggi appare particolarmente stanca, esclama “Però è veramente difficile fare questo!”. Il silenzio ripiomba in stanza, come pure la pesantezza di cui ci eravamo a fatica liberate.

Riprendo in mano il libro, e lo sfoglio fino a una pagina che mi aveva colpita: quella in cui mamma e figlio ammirano assieme, stretti in un abbraccio, lo spettacolo offerto dall’arcobaleno. Inizio a parlare del genere di mamma che piace ad un bambino: non è la mamma perfetta, ma quella che sa condividere, che offre il suo contatto, la sua presenza. Per renderli felici e farli crescere con una sana stima di sé è sufficiente “stare” con i propri bambini. Non dobbiamo portarli a vedere spettacoli mirabolanti o fare ogni giorno qualcosa di speciale. Basta fare un puzzle insieme, mescolare il ragù insieme, stendere i panni insieme, guardare un cartone animato insieme, leggere una storia insieme, rimettere in ordine insieme. La parola chiave è “insieme”.

Mi rivolgo in particolare a Gayani, che ancora una volta è venuta da sola, senza il suo bambino. “È ancora piccolo!”, mi risponde imbarazzata. Faccio un respiro per reprimere un primo moto di insofferenza, e invito lei, e indirettamente tutte le altre mamme, a non rimandare e a ricordare che se è vero che la presenza della mamma è importantissima nella vita dei bambini, altrettanto importante è la presenza di questi ultimi nella vita della mamma.

Mentre scrivo questo resoconto, ho ancora davanti l’albo da cui è partita la discussione. Solo adesso faccio caso con attenzione alla dedica che l’autrice ha riservato a sua madre: “Per mia mamma, che ha aspettato”.