Aisha e la sfida di diventare mamma in un’altra lingua

11 Marzo 2019

Ogni giorno varcano la soglia di Pianoterra molte donne in gravidanza o neo-mamme di origine straniera. Le loro provenienze sono diverse, e diversi sono i tragitti che hanno compiuto per ritrovarsi oggi qui. Tutte però sono accomunate da un’esperienza, quella della gravidanza e del parto, che è al tempo stesso quanto di più legato alla natura e di più profondamente segnato dalla cultura, con le sue specificità e differenze.

Aisha è una di loro. Una donna mite e dolce, già madre di un bimbo e in attesa di un secondo. Viene dal Marocco, e durante i primi colloqui con la nostra psicologa ci parla della sua stanchezza, della fatica di correre dietro a tutte le incombenze familiari. Parla di stanchezza, ma si intravede anche altro: tanta solitudine. Sembra che per questo nuovo bambino che lentamente cresce dentro di lei non ci sia spazio, e lei ne soffre.

Aisha entra nel programma 1000 Giorni e inizia a frequentare con regolarità Pianoterra. Partecipa a diverse attività di gruppo assieme ad altre future mamme, tutte diverse da lei, provenienti da tanti paesi lontani o dal quartiere accanto, ma temporanee compagne in questo viaggio speciale. Nel corso di questi incontri incoraggiamo Aisha a iniziare a interagire con il bambino, che si chiamerà Ahmed. Lo sa che già da adesso il piccolo è in grado di sentire e vedere? Che nel pancione fa tante cose, gioca, inizia a esplorare, e soprattutto sente lei, la sua mamma? Aisha inizia piano piano a far spazio ad Ahmed: assieme alle nostre operatrici e alle altre mamme ricorda e canta le nenie e le filastrocche della sua infanzia, si accarezza la pancia… piccoli gesti, importantissimi per costruire con il piccolo una relazione che proseguirà anche dopo la nascita.

Piano piano Aisha prende coraggio, vuole sapere di più, fa molte domande sulle indicazioni ricevute durante gli incontri con gli esperti di salute materno-infantile previsti dal programma 1000 Giorni. Trova spazio e accoglienza alle sue curiosità e ai suoi dubbi sugli esami da fare in gravidanza, su come “guardare” un’ecografia per iniziare a scorgere il suo Ahmed. Impara a dare un significato alle tante parole che affollano il suo percorso nascita: liquido amniotico, cordone ombelicale, valori del sangue, pressione…

Aisha è più sorridente e conferma che anche a casa le cose vanno meglio. Inizia condividere con le operatrici e con le altre mamme pezzi importanti della sua vita: porta il braccialetto che sua madre ha regalato al suo primogenito, ci racconta degli usi e dei rituali che accompagnano la nascita in Marocco. Tra le tante cose si fa strada il ricordo del primo parto, avvenuto con un cesareo che le ha lasciato tanta confusione, anche perché nessuno si è soffermato a spiegarle cosa le stava accadendo e il perché di quella procedura. Grazie al lavoro paziente con le nostre operatrici e con l’auto di video, immagini e dimostrazioni pratiche, Aisha impara a dare un nome alle fasi del travaglio e del parto riesce a ricostruire ciò che le è accaduto nel primo parto. Un altro piccolo tassello che serve a darle serenità.

Nel percorso di accompagnamento alla nascita iniziato assieme ad Aisha erano previsti anche incontri sulle prime cure da riservare al neonato nelle prime settimane dopo la nascita, ma Ahmed aveva fretta di venire al mondo e Aisha partorisce con qualche settimana di anticipo. La sentiamo al telefono e incontriamo suo marito Ichem per consegnare loro la nostra Valigia Maternità, che la futura mamma porta a casa poco prima del parto al termine del percorso di accompagnamento alla nascita del programma 1000 Giorni.

Pochi giorni dopo il rientro a casa andiamo a trovare lei e il piccolo Ahmed. Aisha è felicissima di vederci ma anche dispiaciuta, perché non ha potuto accoglierci come avrebbe voluto e la sua casa – come quella di tutte le neo-mamme, ci affrettiamo a rassicurarla – è non è molto in ordine. Controlliamo assieme a lei il libretto pediatrico con tutti i dati alla nascita del bambino. Parliamo dei passi successivi, delle visite e dei controlli da fare, della scelta del pediatra, ma anche delle prevedibili difficoltà che avrebbe incontrato a gestire la sua quotidianità con due bimbi piccoli e un marito assente molte ore al giorno per lavoro.

Finalmente Ahmed si addormenta placido in braccio a una delle operatrici, e Aisha può fare quello che avrebbe voluto fare sin dall’inizio: offrirci tè e frutta secca, come si fa in Marocco quando si riceve una visita, accompagnati da una sorta di pancake non lievitato di farina e semola. Si rilassa un po’ e ci racconta di come ha conosciuto suo marito, del loro matrimonio, di come sono arrivati in Italia. Ci mostra le foto di amici e parenti lasciati in Marocco. Ridiamo e scherziamo, facciamo assieme mille progetti sulle grandi passioni di Aisha, il cucito e la cucina, e andiamo via tra tanti baci e abbracci e la promessa di rivederci presto a Pianoterra.

Aisha ringrazia spesso il suo Dio per ciò che ha, nonostante le tante difficoltà. La capacità che lei e le tante altre donne che incontriamo ogni giorno hanno di adattarsi a condizioni di vita complicate, segnate dalla precarietà giornaliera e spesso dalla mancanza di risorse economiche di base non cessa mai di stupirci, così come la speranza, la fiducia illimitata nella vita e la grazia innata nel porgere quel poco che hanno se si tratta di accogliere un ospite.

In tutte le culture sono previste forme di assistenza e protezione del post-parto, una fase delicatissima in cui spesso la donna si affida a una rete familiare e amicale che mette in campo, anche in modo inconscio, saperi e pratiche antiche e rituali che consentono il passaggio “da figlia a madre”. Le donne di origine straniera si trovano spesso a dover affrontare questo momento da sole, isolate sia socialmente che a causa della barriera linguistica. Questo isolamento che le rende più fragili e vulnerabili può essere spezzato da una rete di supporto alla pari: altre donne e madri che danno una mano con le faccende di casa, che preparano un pasto caldo o si offrono di andare a prendere a scuola gli altri figli, amiche con cui ridere e alleggerire il carico quotidiano per guardare al futuro di se stesse e della loro famiglia con una nuova energia. Ma occorrono anche servizi alla famiglia che siano sensibili alle differenze culturali e predisposti al confronto con utenti che hanno storie diverse.

A Pianoterra cerchiamo di comporre attorno alle future mamme una rete di sostegno e supporto che coinvolge le nostre operatrici, i servizi presenti sul territorio, ma anche tutte le donne che frequentano l’associazione e che spesso contribuiscono a formare quel gruppo di pari all’interno del quale una futura mamma può trovare supporto, confidenza, amicizia. E sentirsi meno sola.

Abbiamo potuto sostenere Aisha durante la gravidanza e nella fase successiva al parto, con visite domiciliari e incontri in sede, grazie al progetto “Mamme Care“.