Insegnare ai bimbi tra 0 e 3 anni

5 Ottobre 2020

Grazie ai grandi progressi fatti in campo scientifico negli ultimi decenni, soprattutto nel campo delle neuroscienze, oggi sappiamo che i bambini iniziano a imparare sin dalla nascita, o anche prima. Certo, lo fanno in modo molto diverso rispetto agli adulti, ed è per questo che spesso ancora oggi la fascia di età della primissima infanzia (0-3) viene considerata in un certo senso esclusa dall’ambito educativo e relegata esclusivamente a quello dell’accudimento. 

Noi sappiamo però che sin dai suoi primi istanti di vita e per i primi tre anni il bambino apprende attraverso i sensi. Sono le sue esperienze sensoriali a insegnargli cose importantissime sul mondo che lo circonda, e queste esperienze possono assumere a tutti gli effetti un valore pedagogico, diventando di fatto uno dei capisaldi dell’insegnamento al nido. Gli educatori del nido sanno bene quanto sia importante creare un ambiente favorevole e stimolante per i piccoli, un ambiente sicuro e alla sua portata che consenta loro di toccare, ascoltare, muoversi, assaggiare in libertà, sotto l’occhio vigile degli insegnanti. La dimensione è quella del gioco, e l’aula di un nido potrebbe sembrare a prima vista una “semplice” stanza dei giochi, ma non è così. Un bimbo che frequenta il nido sperimenta e impara nel gioco, e incanalare e potenziare queste esperienze multisensoriali, trasformandole in azioni di insegnamento, è il compito a cui sono chiamati gli educatori. I giochi al nido sono “cose serie”, momenti in cui i bambini imparano tantissimo. Si pensi ai travasi montessoriani, un’attività solo in apparenza semplice, quasi insignificante, ma in realtà potentissima: il bambino ha la possibilità di toccare materiali diversi raccolti in un contenitore, prenderli e spostarli in un altro contenitore, ascoltare il rumore che fanno, scoprire quello che succede attraverso i suoi gesti e poi ripetere tutto ancora e ancora. Persino strumenti che più abitualmente sono legati alla dimensione dell’insegnamento, come i libri o la  musica,  assumono se proposti a piccoli sotto i tre anni una importantissima dimensione multisensoriale: prima ancora che dal filo delle storie, i bambini si fanno rapire dai colori e dalle immagini degli albi per l’infanzia, dal suono della voce di chi sta leggendo, rivoltano il libro, sentono il bisogno di toccare il cartone e spesso lo “assaggiano”, o con la musica sperimentano i cambiamenti della melodia, l’effetto che hanno sul corpo suoni più forti via via fino al silenzio improvviso, si cimentano con il loro corpo come strumento, sperimentano i suoni delle “cose” e costruiscono strumenti con scatole e bacchette per produrre loro stessi quei suoni. 

In uno spazio dedicato all’apprendimento come è il nido i bambini vivono tutte queste esperienze non da soli ma in una piccola comunità fatta di altri bambini che sperimentano e con la guida di un insegnante che propone, incoraggia, racconta, ripete, mostra. I cambiamenti che avvengono nel cervello di un bambino in età da nido sono enormi, e gli educatori ne sono al tempo stesso promotori e spettatori, assieme ai genitori di cui possono essere dei preziosissimi alleati. 

E l’alleanza tra genitori e insegnanti, importante per tutte le fasi della vita scolastica di un bambino, diventa davvero cruciale nella fascia di età 0-3 anni, quando si tratta di accompagnare questi straordinari cambiamenti modulando al tempo stesso possibili difficoltà per quelli che sono spesso di fatto i primi momenti in cui in piccolo si “allontana”, per quanto temporaneamente, dal suo “nido”. 

Un’alleanza, quella tra insegnanti e genitori, tanto più importante in questo delicato momento di emergenza sanitaria. Lo sanno bene i nostri educatori dell’hub NEST, che proprio in questi giorni hanno riaperto le attività educative con i bambini fino a 3 anni di età e si stanno impegnando a fondo per riorganizzare spazi e servizi secondo le regole e i protocolli sanitari messi a punto per limitare il rischio di contagi. Una parte rilevante del loro lavoro sta riguardando, come è ovvio che sia, la necessità di comunicare con chiarezza e precisione informazioni e indicazioni a genitori in questo momento comprensibilmente spaventati ma che comunque riconoscono il valore del nostro spazio educativo confermando le iscrizioni dei loro piccoli. E poi, naturalmente, c’è il lavoro da fare con i bambini, ma con loro tutto è possibile! Ai bambini si può spiegare che le manine si lavano di frequente e perché è importante farlo, si può spiegare il motivo per il quale i grandi devono portare la mascherina e i guanti e perché, dopo ogni attività, i materiali vengono scrupolosamente igienizzati. E la stessa attenzione dedicata ai bambini ed ai genitori è dedicata anche all’equipe di lavoro, soprattutto a chi è in prima linea con i piccoli, gli educatori appunto. Sono loro a trasformare i triage di pulizia da pensiero ossessivo e totalizzante a un insieme armonioso di gesti che accompagna e si innesta sulle attività quotidiane, magari sotto forma di gioco che coinvolge tutti i protagonisti di questa esperienza di apprendimento.